mercoledì 20 giugno 2012

SOGNA, RAGAZZO, SOGNA - Roberto Vecchioni

"E ti diranno parole rosse come il sangue, nere come la notte 
ma non è vero, ragazzo, che la ragione sta sempre col più forte;
io conosco poeti che spostano i fiumi con il pensiero,
e naviganti infiniti che sanno parlare con il cielo.
Chiudi gli occhi, ragazzo, e credi solo a quel che vedi dentro
stringi i pugni, ragazzo, non lasciargliela vinta neanche un momento;
copri l’amore, ragazzo, ma non nasconderlo sotto il mantello;
a volte passa qualcuno,a volte c’è qualcuno che deve vederlo."



Di solito non succede più di un paio di volte l'anno, tre se proprio è un'annata fortunata... 
Beh dall'inizio del 2012 è la prima volta.
La prima volta che un libro diventa parte di me.
L'anno scorso mi ricordo benissimo quali sono state le due opere che mi hanno conquistata: La prima “L'Albero dei mille anni” di Pietro Calabrese, la storia autobiografica della sua lotta, ahime persa, contro il cancro. Un libro durissimo, crudo, dannatamente sincero e autentico. E poi “Acciao” di Silvia Avallone. Un romanzo questa volta ma che, come il precedente libro, fa suoi temi forti come la disperazione e la rassegnazione.

Quest'anno, dicevo, è successo di nuovo.
Mi sono innamorata di un libro.
Pagine lette una in fila all'altra senza riuscire a staccarmene, tutte di un fiato.
Pochi secondi di pausa, saltuariamente, solo per annotarmi frasi troppo belle per essere vere o troppo mie per non esserlo.
E così sono finita ancora una volta nel vortice inarrestabile di un libro, del “non riesco a non andare avanti, devo sapere cosa c'è scritto nella pagina seguente” che lotta, inesorabilemente, contro il “è troppo bello, non voglio che finisca subito, devo leggerlo pian piano...”
Manco a dirlo è sempre la prima tendenza a prendere il sopravvento e così, da ingorda, divoro riga dopo riga, pagina dopo pagina alla velocità della luce per poi rallentare quando mi accorgo che davanti a me ci sono ancora solo una ventina di pagine.
Quelle ultime pagine me le voglio godere lentamente, come quando sto mangiando qualcosa che mi piace particolarmente. Ne assaporo il gusto in ogni dettaglio e tengo tutte le parole strette a me, senza lasciarle andare.

Fai bei sogni” è il titolo del libro. E l'autore è qualcuno che conosco. Non nel senso letterale del termine, nel senso più intimo. Massimo Gramellini è uno dei primi giornalisti che ho imparato davvero a conoscere e ad apprezzare.
A casa mia, infatti, si è sempre letto tanto. Tanti libri, ma soprattutto tanti quotidiani e tante riviste. Il Corriere della Sera in primis e poi La Stampa, il sabato in particolar modo, perchè abbinato al quotidiano c'era Specchio, il settimanale.
E io, pur essendo piccolina, li ho sempre letti. Sfogliando rapidamente le prime pagine, quelle dedicate alla politica e all'economia (e in questo senso nulla è cambiato), leggendo più attentamente quelle dedicate alla cultura, alla cronaca, allo sport. Ma la mia pagina preferita, per molti anni, è sempre stata una, l'ultima. Si, perchè nell'ultima pagina di Specchio c'era una rubrica dal titolo “Cuori allo Specchio” tenuta proprio da Gramellini.
Al suo interno me le ricordo bene le lettere dei cuori spezzati, delle persone innamorate, disperate, felici che scrivevano per una qualche ragione proprio ad un giornale e proprio a Gramellini. E mi ricordo bene anche le sue risposte, o meglio il tono che avevano, sempre positive, dolci, rincuoranti....
Insomma, io Gramellini un pochino sentivo di conoscerlo.


Poi ho iniziato a fare questo lavoro che con i giornali ci campa.
Li leggo ogni giorno, con grande gioia. L'ordine solitamente è il seguente: prima il Corriere della Sera, poi La Repubblica, quindi La Stampa. Ed eccolo lì il mio “amico” Gramellini, ad augurarmi il buongiorno come ogni mattina.

E quel libro scritto proprio da lui e con un titolo così tenero non potevo non leggerlo. 
Un libro che sin dalla prima pagina si è rivelato toccante, triste, traboccante di sentimenti, a tratti persino divertente. 
 In alcuni passaggi mi sono sentita arrossire, mi sono sentita un'impicciona ad entrare così prepotentemente nel suo passato e nella sua vita. E nonostante la sua storia sia estremamente diversa e molto più dolorosa della mia, ci sono momenti in cui ho pensato per davvero che qualcuno mi stesse leggendo dentro. 
Ho visto stampate su carta parole che passano ogni giorno nella mia testa, parole a cui cerco disperatamente di dare un senso e un ordine e all'improvviso eccole...

“In fondo la mia vita è la storia dei tentativi che ho fatto di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.”

“Se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro una nuovola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene. Continuerà a mandarti dei segnali disperati, come la noia e l'assenza di entusiasmo, confidando nella tua ribellione.”

Troppo vero. Non ho nulla altro da aggiungere.  

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