lunedì 31 ottobre 2011

WHEN YOU WERE YOUNG - The Killers

"And sometimes you close your eyes
and see the place where you used to live.

When you were young"




Erano poco più di 10 anni che non mettevo piede in una palestra. Dieci anni dalla mia "vera" ultima partita di pallavolo.
Ricordo perfettamente i pensieri che riempivano la mia testa quando, durante l'ora di educazione fisica di un caldo pomeriggio di aprile, sono crollata a terra per una brutta distorsione al ginocchio. Un infortunio che mi ha spinta a lasciare la squadra in cui giocavo felicemente da cinque anni e ad abbandonare da sconfitta la mia grande passione. Avevo 17 anni.
Ne sono passati altri 10 di anni da quel giorno e di una cosa sono certa. Da quel giorno non c'è stato momento in cui non mi sia pentita di quella decisione... PENTITA AMARAMENTE oserei dire.
Una scelta dettata dalla paura, dal terrore di non poter tornare a giocare come prima o forse solo dall'insicurezza. Nessuno all'epoca era stato abbastanza forte da spronarmi. Non il mio allenatore, non la mia famiglia e nemmeno il mio fidanzato di allora. Anzi, stupidamente avevo preso quell'infortunio come un tremendo ma chiaro segno del destino. Un evidente segnale di una forza inspiegabile che chissà da dove mi spingeva a demordere, a darmi per vinta. Quanto mi sbagliavo allora...


Ho trovato il coraggio di riprovarci, di mettermi alla prova ma, soprattutto, di realizzare un mio grande desiderio, un sogno che covavo dentro di me da troppo tempo.
E allora eccomi a varcare la porta di una scuola elementare milanese.
In palestra ci sono due ragazze.
"Ciao, io sono E." sono state le sue prime parole.
E. è alta, con lunghi capelli ricci che le incorniciano il viso. Mille anelli alle dita e altrettanti braccialetti ai polsi. Un paio di jeans e una maglietta aderente blu a sottolineare il suo fisico longilineo. Una bella ragazza.
E poi subito a parlare dell'età, la mia ovviamente... 27 anni. Mentre lo dico mi sento parecchio ridicola, soprattutto se messa a paragone con i 24 anni di E. e i 20 di F., la capitana della squadra, l'unica altra ragazza presente al primo allenamento della stagione.
La conversazione è incalzante.... "Hai già giocato? Quando? Dove? In che categoria? Sei di Milano? Studi? Che lavoro fai?"
Pian piano cerco di rispondere a tutte le domande di F. finché è E. a fare la domanda successiva: "in che ruolo giochi?"
Sono alzatrice rispondo... Lo vedo chiaramente il sorriso di sollievo sul volto di E. Lei, mi spiega, è la centrale della squadra ed era convinta che, vista e considerata la mia altezza, non potessi che essere una centrale anche io. Eh no.
Poco dopo a fare ingresso in palestra è M., l'allenatore della squadra. Il cazzeggio è finito. Si inizia a parlare di cose serie e così mi ritrovo a raccontare nuovamente "la mia storia".


Quella sera, il giorno del mio ritorno, mi sono portata a casa tanta felicità, un immenso entusiasmo e la convinzione che quelle due ragazze fossero proprio simpatiche e gentili. Una in particolare mi aveva colpita, E.
Era il 15 settembre 2010. Da quel giorno tutto è cambiato.

domenica 30 ottobre 2011

CLOSING TIME - Semisonic

"Every new beginning comes from some other beginning's end"




Il mio primo post. Il mio nuovo inizio...
Sono una ragazza di ventotto anni. Ecco, a ventotto anni si rientra ancora nella categoria delle ragazze? Forse dovrei dire che sono una donna. Mettiamola così, sono... E mi basta così.
Odio le categorie, non sopporto chi cerca di inquadrare sempre e comunque gli individui per gusti e preferenze. Siamo persone. Questo per me è più che sufficiente. 
"Closing time", è questa la canzone che ho scelto per il mio nuovo inizio. Quando è uscita, mille anni fa, (per la cronaca credo fosse il '99) la adoravo. Poi come tante altre cose è finita nel dimenticatoio. Finché a riesumarla ci ha pensato un filmetto americano, "Amici di letto".
Sono andata al cinema con E.  la scorsa settimana a vederlo e considerando che la trama si è già vista mille volte, l'unica cosa che mi sono portata a casa è stata questa canzone, più che mai azzeccata per descrivere la mia situazione.



Sono fidanzata da una vita. Sono fatta per stare in coppia, per parlare al plurale più che al singolare, per organizzare i viaggi a due, per programmare la vita della persona che è al mio fianco. Da sempre. La prima storia, di un paio di anni, quando ero uno scricciolo di 16 anni. E poi altre due relazioni, una in fila all'altra. Fino a quando ho ritrovato una persona speciale, il mio amico G. che non vedevo da anni. E con lui è iniziata la storia perfetta. Cinque anni di amore, di dolcezza, di comprensione e sostegno reciproco. Cinque anni di sogni, di traguardi da raggiungere insieme, di desideri da realizzare... Eravamo solo io e lui. Sempre e sopra tutto noi due.


Poi è iniziata la vita vera, quella fatta di scelte difficili, che ti fanno perdere il sonno.
Ho lasciato la provincia e sono andata a vivere nella grande metropoli. Milano è stata una scelta obbligata per poter lavorare (sono account in un'agenzia di comunicazione) ma soprattutto per poter vivere finalmente come volevo io. Sono una viaggiatrice. Sono una di quelle persone che investe tutti i propri risparmi nei viaggi. Io devo vedere il mondo. Io ho bisogno di conoscere nuove culture. Io voglio vedere l'alba e il tramonto da differenti punti di vista. Questa è la cosa che di più al mondo mi fa sentire viva. Per questo non potevo starmene chiusa nella mia cittadina di provincia. Avevo bisogno di confrontarmi con la città. 



Tutto questo ha inevitabilmente dato uno scossone al nostro equilibrio, ci ha messi a dura prova. Dopo 6 mesi di lontananza da lui ho iniziato a soffrire veramente. Mi sono sentita sola. Ed ecco il mio rimedio, unirmi ad una squadra di pallavolo, ricominciare a giocare, conoscere nuove persone, farmi nuove amicizie che potessero in qualche modo alleviare la mia solitudine del lunedì-venerdì.
Tornare a infilare le ginocchiere, sentire l'odore della palestra, guardare le persone attraverso una rete. Ho ricominciato a sentirmi viva. Ho ritrovato entusiasmo, vera e autentica gioia che mi permetteva di affrontare con la dovuta serenità l'inevitabile distacco da lui.
Ad aiutarmi più di tutto in questo è stata lei, E. la centrale della nostra squadra. Una ventata di freschezza, di entusiasmo e anche un po' di follia. Quello di cui avevo veramente bisogno. Una persona che mi capisse, che mi stesse accanto quando lui non c'era.
Ci è voluto poco perché E. diventasse molto più di questo. Il mio primo pensiero al mattino. La persona che più di tutte volevo sentire durante il giorno. Si, persino più di lui.
Questo è stato l'inizio della fine...