mercoledì 30 novembre 2011

NO AIR - Jordin Sparks featuring Chris Brown

"But somehow I'm still alive inside
You took my breath but I survived
I don't know how but I don't even care.."



Il primo giorno senza di lei... 
Ieri sera l'addio, le ho dato l'ultima buonanotte e ho chiuso la scatola... 
Ancora non mi sono ben resa conto di quello che è successo, del fatto che non la vedrò o sentirò per chissà quanto tempo. Sono frastornata, sballottolata, senza parole. In alcuni momenti, quando mi fermo a pensare a lei,  è come se mi mancasse l'aria. Poi però cerco di non pensarci, di concentrarmi su tutt'altro e allora torno a ridere e scherzare. 
Una cosa, però, salta subito all'occhio. A regnare nella mia vita ora è il silenzio. E il mio telefono in questo è più che mai grande protagonista. Dopo mesi di sms e telefonate infinite ora tace. Niente più messaggi di G., nessun suono ad indicarmi un sms o una telefonata di E. 
Ora sono davvero l'emblema dell'INSIEME, DA SOLA...

Proprio io, l'eterna fidanzata, quella sempre accompagnata, ora sono realmente sola con me stessa. 
Ma come si affronta la vita da soli? Come si può progettare il proprio futuro? Come si fa a gioire dei propri successi senza nessuno con cui condividerli? Come si superano i momenti dolorosi senza la spalla su cui piangere?Me lo sono sempre chiesta. Puoi avere la famiglia al tuo fianco, che ti ama e ti sostiene in ogni tuo passo. Puoi avere gli amici che ti accompagnano nel corso della vita. Puoi avere due cani che ti coccolano quando percepiscono il tuo malessere... Tutto questo è fondamentale ma, per me, non è sufficiente. 


Il problema è molto più profondo e radicato. Io non mi basto. Non mi piaccio e molto probabilmente mai mi piacerò. Non sono abbastanza bella, per niente magra, i miei occhi sono scuri e banali, sono intelligente ma non troppo, sveglia ma non abbastanza, simpatica ma c'è di meglio e potrei andare avanti così a lungo... Sono circondata da persone che non fanno che ripetermi quanto io sia stupenda, bella e straordinaria. La realtà è che sono una persona estremamente esigente. Con le altre persone l'asticella è alta ma con me stessa è proprio inarrivabile. Non c'è verso, non riesco a fare pace con me stessa, non riesco ad apprezzarmi o quantomeno ad accettarmi.


E allora forse questa è l'occasione, per me, di provare a capirmi una volta per tutte, di iniziare a volermi un pochino di bene. 
Perchè così, così non si può andare avanti...

martedì 29 novembre 2011

CANNONBALL - Damien Rice


“there’s still a little bit of your song in my ear,
there’s still a little bit of your words i long to hear...”


Così si arriva ad oggi. Oggi che è per davvero il 29 novembre 2011. Oggi che quando esci per strada vedi tutti stringersi nei cappotti, vedi le mani chiuse nelle tasche, e i visi coperti dalle sciarpe. Oggi che è passata esattamente una settimana dal giorno in cui si è fatta male, dal giorno che doveva essere il mio ultimo... 

Ci sono voluti relativamente pochi post per raccontare ciò che mi è successo nell'ultimo anno. Poche righe che non possono rendere l'idea di quanto lei rappresenti per me, di quanta complicità ci sia tra noi, di quante risate ci siamo fatte. Righe che, d'altra parte, non riescono a raccontare le lacrime versate dai miei occhi, la mia sofferenza degli ultimi mesi.
Perché quando capisci di dover rinunciare a una persona a cui tieni quanto io tengo a lei la sofferenza è vera e autentica e coinvolge tutto. Mente ma anche corpo, in ogni momento, in ogni centimetro di te stessa. La mia sofferenza è dolore fisico, è il cuore che batte troppo forte quando arriva un suo sms, sono gli occhi che fanno male, è la testa che rimbomba e non da tregua. 

Farà male stare senza di lei. Farà male alzarsi al mattino sapendo che non la sentirò per tutto il giorno. Farà male andare a letto la sera perché saprò che il giorno seguente sarà come quello appena terminato e come quello precedente, sempre e comunque senza di lei. Sarà dura tenersi dentro tutto. Quello che vorrei dirle, quello che mi sentirei di fare se la avessi davanti, quello che rappresenta per me. Però non ho alternative… Non posso passare la mia vita ad aspettare lei, che sia finalmente pronta per me, che abbia lasciato tutte le sue paure alle spalle. Io lo farei anche di aspettarla, se solo ci fosse una data di scadenza, se solo sapessi che prima o poi sarà veramente pronta. Invece, più passano i mesi e più mi sono resa conto che non riuscirà mai a fare quel passo verso di me, che si accontenterà sempre di avermi così. Di non avermi così. Io non posso continuare in questo modo. Lo devo a me stessa. Perchè per quanto mi faccia schifo non posso umiliarmi e ferirmi ogni giorno. 

Così devo tornare a guardare il mondo con i miei occhi. La mia macchina torna a essere solo la mia macchina e non più il bolide, il mio cuscino non è più il suo migliore amico, la mia lampada è solo la mia lampada e niente più. E lei, the l word, i libri sulle ragazze che amano altre ragazze, i viaggi di nina, laura pausini… Tutto questo e molto altro finisce in una scatola. Una scatola che non butterò mai via, che sarà sempre nel mio armadio.
Una scatola grande e bella quanto lo è lei...

lunedì 28 novembre 2011

ARIA - Giovanni Allevi



Ho deciso di smettere di sognare che lei un giorno o l’altro si svegli pensando a me, o meglio, a noi due insieme. Ho scelto di smettere di passare le giornate a pensare a lei o ad aspettare impaziente i suoi sms. Ho deciso di chiudere in questo modo con gli ultimi 8 mesi della mia vita. 
8 mesi che mi hanno cambiata profondamente. Una decisione presa mercoledì e detta a lei il sabato pomeriggio seguente, sedute sul letto di casa mia.
Mi sono uscite dalla bocca poche parole:

"MI SA CHE LASCIO LA SQUADRA. GIOCO DOMANI, GIOCO MARTEDI’ E POI BASTA."

Non c’era bisogno di aggiungere altre parole. Lei ha capito perfettamente cosa volessi dire. Il mio lasciare la squadra intendeva solo una cosa… mi stacco da te.
Lei, come prevedibile, è caduta in un silenzio tombale.
Poco dopo mi ha detto: "Questa scelta ti renderà felice?" La mia risposta non può che essere "ASSOLUTAMENTE NO, all’inizio starò di merda. Poi, forse, un giorno inizierà a passarmi e tornerò a essere felice." 

Forse. Quel weekend così come l’inizio della settimana seguente li ho vissuti in una sorta di trance.
Da una parte impaziente di riprendermi la mia vita, di tornare a vivere all’insegna dell’ottimismo e della speranza. D'altra parte vivevo ogni secondo come l’ultimo della mia vita con lei, gli ultimi messaggi, le ultime buonanotte, le ultime volte che avrei visto il suo viso e sentito la sua voce. 

Così è arrivato martedì. Il giorno dell’ultima partita. L’addio… In spogliatoio a cambiarsi, pantaloncini, maglia n.7, ginocchiere e di corsa in campo. Ho giocato pensando solo a una cosa, all’ultimo fischio dell’arbitro, a quando avrebbe decretato la fine della mia ultima partita e anche della storia mai iniziata con lei.
Come da copione, però, non avevo fatto i conti con il colpo di scena… A metà del secondo set E. è saltata a muro ed è caduta a terra, urlando e tenendosi il ginocchio destro. Ho capito subito che si era fatta seriamente male. La partita poco dopo è finita, tutte insieme siamo andate al Fatebenefratelli.
Il giorno successivo la sentenza che ci si aspettava, rottura dei legamenti e operazione a gennaio. 

Sono rimasta senza parole. Non credo di aver realizzato cos’era davvero successo fino al giorno seguente… E ora? Cosa ne era della mia decisione? Potevo sparire dalla sua vita in un momento del genere per lei? E cosa fare con la squadra?
Quella sera E. subito dopo essersi fatta male, seduta sulla panchina, ha alzato gli occhi e guardandomi mi ha detto: FORSE E' LA MIA DI ULTIMA…
Mi sono sentita in colpa da morire, mi sono sentita una vera merda. Io che VOLEVO lasciare e lei che si trovava a DOVER lasciare. Una volta arrivata a casa il suo sms: DIMMI CHE NON CI SIAMO SALUTATE COSI’…
No, non possiamo salutarci così, non possiamo lasciarci in questo modo. Non posso non starti vicina mentre passi quest’inferno che conosci così bene. Ma cosa ne è di me e della mia serenità? Si, proprio quella che non mi ricordo nemmeno più che sembianze abbia… Cosa devo fare?

domenica 27 novembre 2011

BOULEVARD OF BROKEN DREAMS - Green Day


"I walk this empty street
On the boulevard of broken dreams
Where the city sleeps
And I’m the only one and I walk alone"


E ancora avanti in questo modo… Alti e bassi, momenti in cui eravamo veramente vicine alternati ad attimi in cui eravamo troppo lontane. Così per giorni interi, per settimane, per mesi… 
Mesi in cui ci siamo viste per una decina di ore a settimane. E in quelle ore quanto stavo bene, quanto ero felice. Non facevamo altro che giocare a pallavolo, che parlare, che andare al cinema o mangiarci una pizza. Non succedeva altro e per quanto desiderassi baciarla o stare con lei mi andava benissimo così, mi bastava stare in quel modo. 

Perché quando stai davvero bene con una persona non hai per forza bisogno di stare fisicamente con lei, non devi obbligatoriamente baciarla o farci l’amore, ti accontenti di vederla, di parlarle. 

Ecco a me succedeva questo… Poi c’erano le ore passate al telefono, ore intere a parlare di cazzate ma anche di cose serie, delle nostre famiglie, dei nostri problemi, del passato ma anche del futuro. Infine gli sms che dalla mattina alla sera accompagnavano le nostre giornate. Sms per prenderci in giro, per raccontarci cosa facevamo in quel momento, per parlare dei sogni delle notti appena trascorse, per augurarci il buongiorno, per darci appuntamento…

Rapidamente è arrivato novembre e tutto è corso via in questo modo. Ci sono stati giorni in cui ho pensato che forse una speranza per noi c’era ma, la maggior parte dei momenti, con quel poco di lucidità che mi rimaneva, sapevo benissimo che tra di noi non sarebbe mai successo nulla. Ed è frustrante vivere in questo modo.
Non riesci a goderti il tempo passato con quella persona perché sai già che oltre non si andrà mai, che quello che hai è il massimo e tutto può solo peggiorare o al massimo restare identico. Per non parlare dei giorni e delle ore passati senza di lei. Ecco in quei momenti si sprofonda.
Cadi, ricadi e ti alzi ma cadi ancora, fino a quando non ce n’è più, fino al momento in cui sbatti il culo per terra e ti rendi conto che rischi di farti veramente male. 

Il giorno in cui ho toccato terra è stato il 16 novembre scorso, il giorno in cui mi sono detta una volta per tutte ADESSO BASTA...In pausa pranzo, chiusa nel mio ufficio, ho urlato al telefono contro E.
A far scattare la rabbia è stata la mia gelosia per il fatto che lei si stesse avvicinando a un’altra ragazza, una nostra nuova compagna di pallavolo. Dopo aver alzato la voce con lei al telefono, al termine della chiamata, mi sono seduta, ho preso la testa tra le mani e mi sono detta che una scena del genere non doveva ripetersi. Mi sono ripetuta che io non sono così, io non vado fuori di testa e ho deciso di mettere la parola fine.


giovedì 24 novembre 2011

ALL GOOD THINGS (COME TO AN END) - Nelly Furtado

"Flames to dust
lovers to friend
why do all good things come to an end..."



Agosto, un mese intero senza di lei. Un mese a pensare a lei. Ogni santissimo giorno… Un mese che per me è stato eterno, che non vedevo l’ora finisse, che mi stava uccidendo. 

Il 28 agosto sono a Milano. Il giorno seguente si torna a lavorare, in ufficio, solito posto, solita ora. Lei, intanto, proprio la sera prima era a sua volta tornata dalle vacanze anche se sarebbe ripartita poco dopo per tornare in liguria.
Lunedì 29 agosto, alle ore 13, è arrivata sotto al mio ufficio per salutarmi durante la pausa pranzo. Siamo andate in un parco vicino e sedute su una panchina ci siamo raccontate il mese passato lontane. Aneddoti, risate, ricordi e racconti…
Ma, perché c’è un ma, lei non era quella di inizio agosto … Diversa, parecchio diversa. Più fredda, più distaccata, come se avesse fatto tre passi indietro rispetto a come ci eravamo lasciate all’inizio del mese. 

E io? Io ero la stessa medesima persona, l’unica differenza era nel mio cuore, colmo di speranza. Un mese in cui avevo pensato ogni giorno a come sarebbe stato rivederla dopo ciò che era successo la sera in cui ci eravamo viste oltre a quello che ci eravamo dette nei giorni seguenti. Ero convinta che a settembre le cose tra noi sarebbero cambiate, che ci sarebbe stata finalmente la SVOLTA… E invece no, invece la svolta non c’era proprio stata anzi..
Eravamo a un piccolo passo, ma lei ancora una volta aveva voluto ritirare indietro tutto.

I giorni seguenti sono stati molto tristi per me. Sono caduta rovinosamente. Ho attraversato diverse fasi; dalla rabbia fino alla delusione per passare attraverso sconforto e rassegnazione. Ho capito che non sarebbe mai cambiato nulla, che lei non voleva cambiasse nulla tra noi, che per quanto io fossi importante per lei non lo ero abbastanza da “rischiare”, da provarci davvero con me. Mi sono sentita vuota e usata.
E non capivo, non capivo perché poche settimane prima mi avesse detto quelle cose per poi staccarsi nuovamente da me…
Ecco lei, la donna emblema del..

VORREI MA NON POSSO E QUANDO POSSO NON VOGLIO!
Tante belle parole quando a dividerci sono kilometri, quando non è possibile stare insieme. E poi, quando io sono lì, di fronte a lei con le braccia tese lei non vuole, lei non è interessata…
Così non è giusto.

mercoledì 23 novembre 2011

WITH ME - Sum41

"I want you to know
With everything, I won’t let you go
These words are my heart and soul
And I’ll hold on to this moment you know"


“Per favore dimmi solo che hai sentito quanto ti volevo.”
Il primo sms di E. al termine della nostra serata insieme è stato questo.
Quella notte e il giorno seguente ci sono stati messaggi colmi di parole importanti, persino da parte sua, sempre così restia a dire o scrivere cose serie.
“Perchè sono su questo treno di merda? Voglio tornare a Milano”

La mia risposta? Eccola…
 “tu sei quella che tra noi due usa la testa. Io non ce la faccio. Pagherei tutto quello che ho per poter tornare a ieri sera. E non cambierei una virgola, perchè è stato stupendo anche così.”

Ecco cosa mi ha scritto E. “La sensazione che ho provato leggendo questo messaggio? Mi si è stretto lo stomaco e non lo provavo da tempo... tornerei anche io a ieri e cambierei il fatto di partire oggi... ho davvero voglia di te”
E poi… “Ho sentito quanto mi volevi, quanto ti piaccio davvero e ho capito che da me non vuoi quello ma vuoi davvero qualcosa di serio”

Avanti così, ancora e ancora, la mia testa che ormai ha perso completamente la lucidità, il mio cuore che quando penso a lei va a mille. Quel giorno in ufficio sono scoppiata a piangere. Mi sono sfogata con le mie colleghe. Ho raccontato la serata precedente nei minimi dettagli e ancor di più mi sono concentrata su di me. Il pensiero di dover stare un mese senza vederla mi uccideva, senza parlare dei kilometri che ci avrebbero divise. Io Milano, lei Liguria, io Puglia, lei Milano, io Milano, lei Sardegna… Così fino a settembre. Nel mezzo intere settimane in cui io sarei stata con G. in puglia per un matrimonio di un caro amico, settimane in cui lei sarebbe stata in Sardegna con la sua ex. Insomma settimane senza poterci nemmeno sentire, neanche per un sms.
 
Quel giorno, in ufficio, sono crollata. Ho pensato di mollare tutto, compreso il viaggio in puglia, di uscire dall’ufficio, prendere un treno e andare da lei. L’ho pensato seriamente e il sito di Trenitalia lo può testimoniare. Poi però ho ripensato alla sera precedente, al suo balzo per allontanarsi da me, e ho capito che quel mese poteva essermi veramente utile. Solo di una cosa ero certa. Un mese dopo avrei provato le stesse identiche cose per lei.

martedì 22 novembre 2011

HAPPY ENDING - Mika

"This is the way you left me
I'm not pretending
No hope, no love, no glory
No happy ending"






E’ ricominciato tutto. 
Io, lei, gli allenamenti di pallavolo, i messaggi e le chiamate, Tutto identico… 
Rapidamente è arrivato il mese di giugno e con esso la fine del campionato. Niente più partite alla domenica, niente più allenamenti. Tra di noi solo parole e messaggi, non poter vedere il suo viso, i suoi splendidi occhi, le sue meravigliose mani. Siamo andate avanti per quasi un mese senza vederci. Nonostante ciò in tutte le mie giornate c’era lei, in tutta me stessa c’era lei. Così fino al primo giorno di agosto. 

Quella sera sono uscita con E. Un aperitivo insieme per raccontarmi tutte le folli avventure della sua vacanza in Bulgaria. Una serata solo per noi, per salutarci in vista delle lunghe vacanze. E così alle 7, puntuale come sempre lei era qui, sotto il mio ufficio ad aspettarmi. Una corsa in bagno, una sistemata ai capelli e sono schizzata fuori. Un'immensa voglia di vederla, di abbracciarla forte. Lei che appena mi ha vista è uscita dalla macchina e mi è venuta incontro. Mi ha stretta forte. Un semplice abbraccio per farmi tornare all’ultima volta in cui ci siamo viste, a tutto ciò che ho pensato di dirle, ai baci che ho desiderato darle. Siamo salite in macchina, i finestrini aperti, i capelli al vento, la musica ad altissimo volume. A me bastava questo, era sufficiente vederla per stare bene, per essere felice, per sentire il cuore che tornava a battere, per sentirmi viva. Rapidamente abbiamo attraversato le strade deserte di Milano, correndo veloci verso la nostra serata. Un locale, un suo amico barista, i bicchieri, le risate, i giochi e molto altro ancora. E poi siamo uscite, risalite in macchina e via verso casa mia. E. ha parcheggiato dall’altra parte della strada, praticamente di fronte a casa mia. Ancora musica ad altissimo volume, ancora risate e parole e poi senza quasi rendermene conto abbracciate, una di fronte all’altra, in piedi contro la sua macchina. 

E lì per una frazione di secondo ci siamo trovate a un millimetro l’una dell’altra. I corpi stretti e le labbra a un soffio dal toccarsi.
Le nostre labbra non si sono toccate, il bacio non c’è stato. E. si è spostata, o forse è meglio dire che è saltata via da me… E’ andata a finire contro il muro, appoggiata con la schiena, con la testa bassa e le mani tra i capelli.
“Ci sono già troppo sotto. Io domani parto, poi parti anche tu, non possiamo.”
Le sue parole mi hanno trafitta. Io, la donna matura, indipendente, con un lavoro e una casa per conto mio. Lei, la ragazza casinista e cazzara ancora all’università. Eppure tra le due è stata lei a fermarsi, lei quella a pensare che non dovesse succedere. Io non ho avuto la lucidità di pensare al dopo, trascinata dall’emozione non mi sarei mai staccata da lei, non era ciò che volevo. Subito dopo mi ha abbracciata forte, siamo state a lungo così, strette l’una all’altra, a farci le coccole, ad accarezzarci. Poi ci siamo separate per l’ennesima volta. Io a casa mia, lei a casa sua. Io, sconvolta, nel mio letto. Sconvolta non tanto per quello che non era successo, quanto per quello che avevo provato. Emozioni fortissime, l’immenso desiderio di stare con lei, senza dare importanza a nient’altro, solo io e lei insieme… Era ciò che volevo veramente, l’unico mio desiderio. 



lunedì 21 novembre 2011

QUELLO CHE VOGLIO - Alex Baroni

"Tu mi sorridi e so che sei, quello che voglio
all'improvviso penso a lei, quello che voglio
voglio salire un po' di piu', voglio cadere un po' piu' giu'
quello che voglio da lei e da te."


In realtà quei tre giorni non sono serviti a molto. O forse è meglio dire che non sono bastati. Ho pensato tanto a lui, al male che gli avevo fatto ma anche a quanto fosse stata bella, anzi perfetta, la nostra storia, a quanto eravamo speciali. E poi avevo pensato a lei, a quanto l’avevo voluta nelle settimane precedenti e al fatto che in fondo avevo capito che lei non mi voleva, che il suo era stato una sorta di corteggiamento fine a se stesso. Sono atterrata a Malpensa il giovedì successivo con la testa tra le nuvole. Sono uscita dalle porte scorrevoli e mi sono trovata davanti G., con un sorriso grande e un cartello tra le mani. 
Da un lato la scritta MILLA…, sull’altro lato …TI AMO!

A quel punto mi ha stretta forte e mi ha chiesto di potermi accompagnare a casa. Mi ha portata a Milano, a cena al ristorante messicano (mia grande passione) e mi ha consegnato una lettera.
Io non lo so dove G. abbia trovato la forza di fare quello che ha fatto, di lasciare alle spalle tutte le mie omissioni dei mesi precedenti. In quel momento mi ha mostrato cosa significhi amare davvero una persona, ma soprattutto cosa voglia dire essere amati per davvero. 

Ci sono poche cose di cui mi posso vantare nella mia vita. Ho una sola certezza, quella di essere stata tanto amata, ma veramente tanto. Quattro grandi amori che mi hanno fatto sentire sempre la prima, l’unica, tutto. E in questo G. è stato per oltre quattro anni il miglior fidanzato del mondo, capace di farmi sentire avvolta o meglio sommersa dal suo amore. Quella sera per l’ennesima volta me l’ha dimostrato. Mi ha detto di amarmi con tutto il cuore, mi ha detto che sono l’amore della sua vita, che sono tutto per lui. E poi che sono la persona più stupenda del mondo, che quando ci siamo messi insieme lui non era altro che un bamboccio, un ragazzino immaturo che io ho fatto crescere grazie al mio amore. E poi che lui si sente una bellissima persona e questo lo deve a me, che gli ho insegnato tanto. Non sapevo come reagire, cosa dire e ancor di più cosa fare. Sono rimasta di sasso. 

E ora? Ci ho pensato per alcuni giorni senza trovare una soluzione e poi ho agito d’impulso. Lunedì mattina ho scritto un sms a E. per dirle che non ce la facevo, che dovevo staccarmi da lei, che non potevo più vivere nell'incertezza perché purtroppo io senza certezze non riesco a stare… Lei mi ha risposto che mi capiva, che lei effettivamente non era in grado di darmi certezze. Poi il silenzio...

Tre giorni, questo è il tempo in cui sono riuscita a stare senza di lei, senza sentirla e vederla. Tre giorni orribili, tristi, vuoti, in cui il mio umore ha toccato minimi storici. Poi giovedì sera sono andata ad allenamento e l’ho vista. Quella sera stessa ho ricevuto un suo sms in cui mi diceva di star male. E io non ho potuto resistere. Pian piano tutto è tornato come prima. Io e lei, le nostre telefonate infinite, i mille messaggi di ogni giorno.
Sono ricaduta nel baratro…

domenica 20 novembre 2011

GOODBYE MY LOVER - James Blunt

"Goodbye my lover.
Goodbye my friend.
You have been the one.
You have been the one for me."


Settimane passate così, in cui odiavo il venerdì perché mi portava via da Milano e da lei, mi impediva di sentirla e vederla, cosa che faceva letteralmente crollare il mio umore. E poi arrivava la domenica, saltavo tutta felice sul treno che mi riportava a Milano, con sulle spalle il borsone di pallavolo e nel cuore tantissima gioia. 
Avanti così, fino a venerdì 6 maggio. Il giorno in cui sono venuta allo scoperto. Dopo l’ennesimo pianto di G., al suo implorarmi di dirgli cosa mi stesse succedendo, non ho più resistito. Con le lacrime agli occhi e il cuore a pezzi gli ho detto solo tre parole…
 “E’ la E.” 

Non ho dovuto aggiungere nulla. Lui sapeva già tutto, aveva capito molto tempo prima di me. Aveva guardato di nascosto il mio telefono, aveva letto i suoi messaggi, aveva sentito parlare di baci che ci saremmo volute scambiare. Sapeva. Quella sera mi ha urlato contro, è stato molto duro con me. Tutto quello che ho potuto fare è stato abbassare la testa e incassare le sue urla e le sue parole. Aveva semplicemente tutte le ragioni del mondo. Poco dopo ha preso le sue cose ed è uscito da casa mia sbattendo la porta. Se ne è andato.
Io mi sono messa a letto, piangendo disperata ma con un filo di sollievo nel cuore perché anche se era stata la mezzora più brutta della mia vita mi sentivo di aver fatto la cosa giusta. Non si poteva continuare così. Ci stavamo facendo del male, o meglio, io gli stavo facendo troppo male. 

Quel weekend ho dovuto lavorare, ho preso la macchina e sono tornata a Milano. Al pomeriggio era programmata la partita ma il destino ha voluto che il lavoro mi tenesse incollata in ufficio fino a sera, che mi tenesse lontana da lei. Lei che ovviamente sapeva tutto. Quella notte, subito dopo la litigata con G. le avevo scritto un sms per raccontarle cos'era successo. Lei mi ha chiamata, ha cercato di consolarmi e mi ha detto che avrei dovuto negare tutto con lui, che dovevo stare zitta. Qualche suo sms in cui mi diceva che avevo fatto una cazzata, che ero destinata a stare con lui, poi è sparita. Per tutto il sabato non si è fatta sentire.
Ci sono rimasta male per il suo comportamento. Molto male. Avevo scelto di smettere di fare finta che il suo irrompere nella mia vita non avesse mandato in pezzi la mia sicurezza, ma soprattutto, la nostra stabilità. Non volevo più mentire o nascondermi. 

Dovevo essere sincera, con lui e ancor di più con me stessa. E lei in tutta risposta cosa faceva? Spariva. L’ho spaventata? Boh, forse si e questa è l’unica risposta che sono riuscita a darmi.
Lunedì 9 maggio ho preso un aereo e sono andata in Ungheria per lavoro. Tre giorni lontana da lei e da lui, lontano dai miei casini, dalla mia vita, da tutto. Tre giorni per capire cosa fare della mia vita e del mio rapporto con entrambi. Tre giorni per me, per rimettere chiarezza nel mio cuore.

sabato 19 novembre 2011

SCARS -Papa Roach

"And my scars remind me that the past is real
I tear my heart open just to feel"


E poi, in tutto questo c’è G., il mio amore. 
Ho passato intere settimane a muovermi tra due vite parallele, a vivere dal lunedì al venerdì la mia vita milanese, la mia vita in funzione di lei, sempre e solo lei. Poi il venerdì sera me ne tornavo nella mia piccola provincia, alla mia vecchia vita, quella in cui lui è sempre stato tutto. Stavo con lei e ci stavo bene, stavo con lui e ci stavo altrettanto bene…
Due vite che correvano su binari paralleli, in cui l’unica costante ero solo e unicamente io.
Io, il lavoro, la pallavolo, Milano, le sue parole, i suoi messaggi da una parte, l’amore di G, gli amici, le cene in famiglia dall’altra. Una sorta di strano equilibrio tra lei e lui. 

 Dopo le “rivelazioni” post sogno il mio rapporto con E. non è minimamente cambiato, a modificarsi radicalmente è stata la mia storia con G., o forse quella è stata solo una conseguenza del profondo cambiamento che ho fatto io. Per la prima volta in vita mia mi sono allontanata da lui. Lui che per più di quattro anni era stato ME. Noi, che per quattro anni siamo stati il sogno di tutti, la coppia perfetta, affiatata, unita, innamorata… Noi non eravamo più noi. L’ho semplicemente escluso, mi sono chiusa a riccio e non gli ho permesso di avvicinarmi. Più lui mi chiedeva cosa mi stesse succedendo più io diventavo un muro impenetrabile. Era come essere su uno scivolo, una volta data la prima spinta non si può più tornare indietro. A me è successo esattamente questo. Pian piano ho salito la scala, ho appoggiato il sedere in cima allo scivolo e poi senza nemmeno rendermene conto è stata solo discesa…

Lei è diventata come una droga per me, una persona a cui non potevo e non volevo rinunciare mai, quella a cui raccontavo in ogni dettaglio la mia vita, la mia giornata, i miei problemi. Lui, al contrario, diventava quello che non avevo voglia di sentire, di vedere, di baciare…
Il mio cuore in quelle settimane mi ha detto mille volte di parlargli, di raccontargli quello che mi stava succedendo, che si meritava di sapere tutto. La mia testa però mi impediva di farlo. Era un colpo troppo grosso, un dolore insanabile quello che gli avrei dato e come si può fare del male alla persona che ti è più cara al mondo? Sono andata avanti in questo modo per un tempo che ancora oggi mi sembra infinito. 

Quando ci penso mi vergogno di me stessa. Come ho potuto comportarmi in quel modo? Per quanto non avessi fatto assolutamente nulla a livello fisico in quei mesi con E. io mi sentivo e mi sento tuttora di averlo tradito, di aver cancellato con un colpo di spugna la nostra vita insieme, il nostro futuro, il nostro amore, tutto. E cosa ancora peggiore, mi è mancato pure il coraggio di guardarlo negli occhi e di dirgli tutto. Certo, in quelle settimane gli ho detto molte volte che le cose, almeno da parte mia, non andavano per nulla bene ma mai ammettendo le mie responsabilità, le mie colpe. Quella non potevo essere io, ero un’altra persona e quella persona mi faceva veramente schifo.

venerdì 18 novembre 2011

HEARTBEATS - Josè Gonzalez

"...one night of magic rush
the start a simple touch
one night to push and scream
and the releaf"



Sono passati sei interi giorni dal racconto del mio sogno a E. Sei giorni eterni, in cui ci siamo comportate come sempre, ci siamo parlate come avevamo fatto in precedenza, abbiamo fatto riferimento al mio sogno senza che lei mi facesse capire nulla di ciò che pensava e dell'effetto che le faceva pensare a quel sogno. 


Poi, finalmente, martedì 29 marzo, mentre ero sull'autobus che mi portava a casa un suo sms mi annunciava: "stasera cena a casa di una mia amica. Mi sa che berrò parecchio, così ti dico quello che ti devo dire." Subito dopo aver ricevuto il suo sms ho iniziato a tormentarla per avere un'anticipazione, per sapere in anteprima almeno l'argomento di cui mi voleva parlare... Lei, nonostante le mie continue richieste, non ha mollato nemmeno di un centimetro la sua posizione e ha rimandato il discorso a quando il tasso alcolico si fosse fatto molto più alto, così come il suo coraggio nel parlarmi apertamente. Alla fine, quindi, ho capito di non poter fare altro che desistere e attendere pazientemente che si facesse notte. In fondo al cuore ero convinta che quella sera finalmente mi avrebbe parlato sinceramente del mio sogno. E non mi sbagliavo.


Intorno a mezzanotte le ho scritto un sms: "abbastanza ubriaca ora?" 
Ci sono voluti due o tre messaggi di circostanza perchè E. mi desse la risposta che volevo e in cui speravo profondamente: "invece di dirlo, fallo!"
Inizialmente non ho potuto fare altro che far finta di non aver capito o forse volevo solo avere la certezza di aver inteso bene. Troppe volte nei mesi precedenti avevo interpretato i suoi  messaggi, le sue parole e i suoi gesti come segnali del suo interesse nei miei confronti ma altrettante volte avevo visto dei dettagli nel suo comportamento che mi facevano pensare di non aver capito nulla. Almeno questa volta avevo bisogno di avere la certezza di aver capito, di aver interpretato tutto alla perfezione. Ebbene, quella sera, ma anche nei mesi precedenti, avevo percepito tutto in modo esatto, proprio come credevo... Abbiamo passato la nottata a dirci che avremmo tanto voluto che quel bacio fosse vero, che ad entrambe era venuta voglia di farlo nei giorni e nelle settimane precedenti. Una notte intensa, insomma. In cui ho sentito il mio corpo e la mia testa liberarsi da chili e chili di pensieri, di menate, di seghe mentali che mi avevano intasata nei mesi precedenti. Anche lei voleva baciarmi, anche lei provava le stesse identiche cose che provavo io. Anche lei, tutto esattamente come me...

giovedì 17 novembre 2011

I SOGNI SON DESIDERI - Cinderella

"I sogni son desideri 
chiusi in fondo al cuor
nel sonno ci sembran veri
e tutto ci parla d'amor..."




Ho passato l'intero giorno con una tremenda ansia addosso. Non avevo la più pallida idea di come avrei reagito quella sera ad allenamento e, ancor di più, non riuscivo a prevedere il comportamento di E.  Avrebbe fatto finta di niente? Si sarebbe comportata come al solito? Mi avrebbe guardata in faccia nonostante fuga e sogno? Avrebbe indossato l'anello che le avevo regalato? Ero un complesso di interrogativi e, con tutte le domande che mi frullavano per la testa, non ho potuto fare altro che tormentare le mie colleghe. Poi, finalmente, dopo un pomeriggio che mi era sembrato eterno, erano arrivate le 19.30.


Sono arrivata in palestra prima di E., ho iniziato a cambiarmi tutta timorosa e tremolante, poi è arrivata lei. Splendida come sempre, tutta allegra e sorridente. Ci siamo cambiate, tutte intente nella vestizione e poi abbiamo alzato lo sguardo, ci siamo guardate negli occhi e siamo scoppiate a ridere... E' bastato un secondo perchè tutta la tensione che avevo accumulato durante il giorno sparisse magicamente. Con lei è così, con lei sono a mio agio, sempre e comunque. E' grazie a questa sua grande qualità se nei primi sei mesi della nostra conoscenza le ho aperto la mia anima raccontandole praticamente tutto di me. 
Nel corso dell'allenamento abbiamo riso e scherzato come sempre, come se nulla fosse successo la sera precedente e soprattutto la notte passata. Finchè, durante la partitella finale dell'allenamento E. mi ha chiesto: "dai cantami la canzone di Cenerentola". 
Io, che Cenerentola l'ho visto ad esagerare un paio di volte, la canzone non avevo la più pallida idea di quale fosse... A venirmi in soccorso è stata una nostra compagna di pallavolo che sollecitata da E. nel bel mezzo della partita si è messa a intonare:


"I sogni son desideri..."


In quel momento il panico totale. Ho capito subito che E. con quella canzone voleva stuzzicarmi, mettermi un pochino a disagio quel tanto che bastava per farmi capire che lei non ci pensava proprio a dimenticarsi del sogno, tutt'altro. E a dire la verità, nonostante l'imbarazzo della situazione mi era molto chiaro che far finta di nulla non era ciò che desideravo veramente nemmeno io. Volevo parlarne con lei, volevo capire cosa aveva provato quando le avevo raccontato il mio sogno, volevo sapere se anche a lei fosse successo di fare un sogno simile, se anche lei desiderava baciarmi. Un enorme bisogno di sapere...

mercoledì 16 novembre 2011

DREAMS - Cranberries

"Oh my life is changing everyday
in every possible way
And though my dreams
it's never quite as it seems"





Il mattino seguente mi sono svegliata turbata, con la medesima agitazione che mi aveva accompagnata la sera prima nel mettermi a letto. Un sonno tormentato, in cui a farla da padrone era stato un sogno, estremamente limpido nella mia mente anche al risveglio.
... Io e lei. Una festa in uno spazio e un tempo sconosciuto. Io, lei e un bacio. Un bacio dolce ma appassionato. Un gran bel bacio...

Dal primo battito di ciglia mattutino non ho potuto fare altro che pensare al sogno, al bacio, alla sera precedente, a lei. Quella mattina ho capito tutto. Ho capito che il sogno non era affatto casuale, che lei mi era entrata dentro, che non era per me una semplice amica, che quel sogno era ciò che desideravo veramente, che avevo realmente una gran voglia di baciarla.

Al mio arrivo in ufficio la prima ad accogliermi è stata M. che, sapendo dell'uscita della sera precedente con E., mi ha posto immediatamente la fatidica domanda: "Allora come è andata? Ti ha messo la lingua in bocca quando le hai dato il regalo?" Ho fatto sedere M., e a quel punto, non ho potuto fare altro che raccontarle tutta la verità. Le ho detto come era andata la serata, la scena del regalo, le mie sensazioni una volta arrivata a casa e dulcis in fondo, le ho raccontato del mio sogno.
La sua prima reazione è stata moderata, tranquilla. Proprio lei che nei giorni precedenti non aveva fatto altro che dirmi che il rapporto tra me ed E. era veramente troppo strano e che G. aveva tutta la sua comprensione per il dover sopportare tanto. "Stai tranquilla. Succede di fare sogni del genere ma la maggior parte delle volte non significano nulla" mi ha detto. 
E invece per me quel sogno significava eccome. E di questo ne ero assolutamente certa.

Ora il problema era cosa dire a lei. Da un lato la vergogna era talmente forte che per un paio di ore non ho avuto il coraggio nemmeno di prendere in considerazione la scelta di dirle qualcosa. D'altra parte però la tentazione di mettere le carte in tavola era estremamente forte, irresistibile. Quella mattina, infatti, le ho scritto il buongiorno e alcune ore dopo l'ho informata di averla sognata, sapendo benissimo che lei non avrebbe esitato a chiedermi cosa avessi sognato. Inizialmente ho fatto un po' la "preziosa", non le ho confessato subito tutto sia per tenerla un minimo sulle spine e sia perchè l'imbarazzo era molto molto forte. Alla fine dal mio cellulare è partito un sms:
"ho sognato di baciarti... Ecco l'ho detto, ora posso andare a nascondermi sotto la scrivania..."

La sua reazione è stata uguale a quella di M. Le stesse parole, lo stesso medesimo atteggiamento che mi aveva mostrato poco tempo prima la mia collega di lavoro. Mi ha risposto di star tranquilla, che non era necessario che mi nascondessi sotto la scrivania perchè un sogno del genere capita a chiunque.... Insomma ha cercato di sdrammatizzare la situazione. Io però una cosa la sapevo, la percepivo, lei era contenta del mio sogno e anche parecchio. Una sola cosa, ancora, mi angosciava tremendamente nonostante con lei avessi già vuotato il sacco, il fatto che fosse giovedì. E tutti i giovedì sera scattava l'ora dell'allenamento di pallavolo. Questo significava vederla, parlarle, guardarla negli occhi dopo la nostra serata e soprattutto all'indomani del mio sogno...

martedì 15 novembre 2011

UNCHAINED MELODY - The Righteous Brothers

"Molly: Non mi dici mai che mi ami 
Sam: Ma se te lo dico continuamente 
Molly: Io dico ti amo, tu dici idem, è diverso..."
(tratto dal film "Ghost")


E poi un giorno ho iniziato il percorso verso la mia consapevolezza. Era il 23 marzo e io ed E. per la prima volta eravamo uscite insieme. Un appuntamento che io avevo fortemente voluto e desiderato e che aveva lo scopo di stare un po' con lei, di vederla al di fuori dell'ambiente di pallavolo e soprattutto darle il regalo che le avevo fatto per la sua laurea.
Era un mercoledì sera, E. mi è passata a prendere sotto l'ufficio, siamo entrate in un locale e abbiamo parlato, abbiamo bevuto, abbiamo riso e scherzato come sempre. Poco più di tre ore in sua compagnia, solo io e lei. Una bella serata in cui ne abbiamo approfittato per raccontarci di tutto, parlare della squadra, delle nostre compagne ma anche di noi, delle nostre vite. E poi, una volta arrivate sotto casa mia, al momento di salutarci, ho tirato fuori il pacchettino per lei, il famoso regalo. Alla fine avevo optato per un anello abbastanza alto, simile a quelli che già le avevo visto alle dita. Su di esso avevo fatto fare un'incisione ad hoc, una sola parola, IDEM, che avevo scelto perchè dalle sue parole l'avevo percepita molto importante.

E. in quel momento, per l'ennesima volta mi ha sorpresa, mi ha detto di non riuscire ad aprire i regali davanti alle persone, di andare in panico in occasioni di quel tipo, ha messo in tasca il regalo e se ne è andata.
In quel momento mi ha preso un forte senso di sconforto, di delusione. Avrei tanto voluto vedere la sua faccia mentre apriva il regalo che mi aveva fatta così impazzire nelle settimane precedenti. Volevo capire dai suoi occhi cosa stesse provando. E invece mi ha salutata frettolosamente. Il suo viso era diverso. In quel momento mi era parsa estremamente agitata, molto nervosa. E io non ne capivo il motivo.

Sono uscita dalla sua macchina, ho aperto il portone e a quel punto mi sono bastati pochi minuti per capire tutto. Durante tutta la serata avevo avuto le farfalline nello stomaco, quell'eccitazione che si ha solitamente nei primi appuntamenti con qualcuno che ci piace davvero. Mi sentivo esattamente così. Avrei voluto che quella serata non finisse mai, avrei voluto stare ancora con lei, avrei voluto vederla e parlarle tutta la notte. E invece era tutto finito così, in modo così strano per me.
Ero in bagno quando E. mi ha scritto pochi minuti dopo essersene andata. Mi ha chiesto scusa per la fuga, mi ha detto che il regalo le era piaciuto tanto, che lo trovava stupendo e che sperava non ci fossi restata male per il fatto di non averlo aperto con me. 

Io, in realtà, ci ero rimasta male eccome ma, soprattutto, mi sentivo veramente strana, in preda alle emozioni. Praticamente sconvolta. 
Quella sera mi sono addormentata in modo diverso dal solito, anche se ancor più particolare sarebbe stato il mio risveglio il giorno successivo...

mercoledì 2 novembre 2011

BROKEN - Evanescence

"cause I'm broken when I'm open
and I don't feel like I am strong enough"




Il 25 febbraio scorso E. si è laureata. Io ed F. avevamo deciso di andare a vedere la sua discussione quel venerdì mattina e avevamo parlato tanto anche in merito al regalo da farle. Io d'istinto le avevo detto subito che preferivo farlo da sola, non insieme al resto della squadra. Come da tradizione volevo donarle qualcosa di "eterno", che potesse accompagnarla ogni giorno della sua vita.
Ho iniziato a cercare il regalo alcuni giorni prima della sua laurea. Una missione impossibile. Tutto quello che vedevo, per quanto fosse bellissimo e adatto a lei, non era abbastanza speciale, non era adeguato. Per quel regalo ho impegnato una decina di pause pranzo, di camminate su e giù per i negozi, di giri per gioiellerie. Le mie colleghe di lavoro, in quei giorni, vedendomi così indaffarata nella ricerca, hanno cominciato a farmi domande, a chiedermi come mai mi facessi così in quattro per il regalo ad un'amica. Lo stesso faceva G., sempre più sorpreso per il mio comportamento.


Il giorno della sua laurea ho visto E. in modo completamente diverso. 
Subito dopo la proclamazione, all'uscita dall'aula E. mi aveva abbracciata forte mentre io le facevo tutti i miei complimenti per quanto era stata brava durante l'esposizione. Alcune foto di rito, un paio di brindisi, un paio di regalini da parte delle sue amiche e ben presto rientravo a malincuore in ufficio abbandonando i festeggiamenti.
Durante il pomeriggio, quello stesso giorno, E. mi aveva scritto il messaggio perfetto, che ancora oggi mi porto nel cuore:
"sei la cosa più bella"
Io intanto, chiusa nel mio ufficio, non facevo che pensare a lei, a quanto avrei voluto essere ancora al suo fianco. Certamente quel messaggio mi aveva colpita molto ma, d'altra parte, nei giorni precedenti era capitato spesso di scriverci parole importanti e ad aiutarmi a sottovalutare le sue parole c'era la convinzione che fossero dovute al suo stato di euforia.


Nei giorni seguenti le sue parole e di conseguenza anche le mie si sono fatte ancora più importanti. Abbiamo iniziato a sentirci tutto il giorno. Telefonate eterne in cui abbiamo parlato di tutto. Centinaia di messaggi ogni giorno, compresi quelli del buongiorno e della buonanotte che ci scambiavamo regolarmente. E allora non ho potuto non mettermi seriamente a pensare a me e a lei, a chiedermi perchè avessi così tanto bisogno di sentirla,  perchè fossi andata così in paranoia per il suo regalo ma, soprattutto, cosa si nascondesse  dietro la nostra amicizia. Pochi giorni ancora e l'avrei capito...

martedì 1 novembre 2011

FOR THE FIRST TIME - The Script

"and we don't know how
how we got into this mad situation"




Ci siamo piaciute subito io ed E. Un interesse reciproco, che ci ha spinte pian piano ad essere sempre più in sintonia durante gli allenamenti. Abbiamo scherzato, abbiamo giocato insieme, ci siamo raccontate chi eravamo. Ad ogni allenamento ci svelavamo l'una con l'altra.
Ben presto ho scoperto che E. studia chimica all'università, che ha due sorelle maggiori, che ogni giorno fa la babysitter a un bimbo di quattro anni... Mi ha fatto entrare a piccoli passi nella sua vita.
Allo stesso modo io le ho svelato il mio mondo. Le ho raccontato chi sono, chi sono stata, chi voglio diventare. Le ho aperto il mio cuore perchè ho percepito subito il suo essere speciale.
E. è dolce, è di una simpatia contagiosa, è dinamica come non ho mai visto nessuno esserlo. E' fresca, gioiosa, entusiasta. E' cazzeggio allo stato puro, ma è anche intelligenza.
E poi è il corpo dei miei sogni. Due mani fantastiche, le gambe lunghe e snelle, le curve al posto giusto... una combinazione irresistibile.


E' iniziato tutto in questo modo. Come un' "amicizia". Lo scambio dei numeri di telefono, i primi sms a prenderci in giro, a darci appuntamento prima dell'allenamento per provare le battute. Sempre scherzando, ridendo, giocando... E intanto grazie a lei io ero sempre più felice. Raccontavo a G. di quanto stessi bene con lei, di quanto stessimo diventando amiche. Gli dicevo che avevo proprio bisogno di una persona come lei per vivere bene.


Non riesco a individuare il giorno in cui ho iniziato a chiedermi se lei fosse più di questo. Ho ricordi sbiaditi di quei momenti... 
A Natale ci eravamo scambiate i regali e lei ancora una volta mi aveva sorpresa...
In quel pacchetto rosso che mi aveva consegnato la sera dell'ultimo allenamento prima delle feste c'era un dvd di Bambi. Alcune settimane prima le avevo confessato di non averlo mai visto perchè la mia super sensibile sorellona lo riteneva troppo triste e lei ne aveva subito preso nota dicendomi "ma dai che infanzia hai avuto?".
E poi una maglietta nera. Sopra, in bianco, una dedica:
"Per tutte la zia... Per me la migliore!"


Quel regalo... Quel regalo mi aveva emozionato tantissimo. La sera al telefono avevo raccontato tutto a G. e lui aveva risposto: "è proprio innamorata...".
A partire da quel giorno lui non ha mai perso occasione per chiedermi cosa provassi per E. e cosa lei per me.
"Parli sempre di lei. Sei sempre attaccata al telefono per scriverle. Tu non sei mai stata così con nessuna tua amica. Sembra che sia diventata più importante di me." mi diceva quasi ogni giorno.


Ho sempre rimandato al mittente tutte le sue accuse, tutti i dubbi che lo tormentavano. In fondo al cuore, però, ero più che consapevole di ciò che stava dicendo. Aveva pienamente ragione, semplicemente non volevo ammetterlo a me stessa.